DAL MONDO ECONOMICO, SCIENTIFICO, AZIENDALE E DAL NOSTRO "PENSATOIO"
Domenica - Febbraio 13, 2011
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DAL MONDO ECONOMICO, SCIENTIFICO, AZIENDALE E DAL NOSTRO "PENSATOIO", ABBIAMO SCELTO PER VOI :
√ In regalo per voi : Giochi per te o giochi per la squadra? Spesso ci si lamenta che lo spirito di
collaborazione in azienda lascia molto a desiderare. Il manager potrebbe usare questa nostra "guida" in
10 punti per cominciarne a parlare con i suoi collaboratori. Chiedere in segreteria.
√ Strategia, 2 - Il 99,8% delle navi che prendono il mare arrivano indenni al porto di destino, talvolta a
migliaia di miglia di distanza. Ciò avviene grazie a due dispositivi: un piano di navigazione e un controllo
continuo della rotta. Un'azienda è in tutto e per tutto paragonabile ad una nave : c'è un comandante, un
equipaggio, un qualcosa da raggiungere e un mare burrascoso da attraversare (il mercato) che porta
continuamente fuori rotta. Veniamo ora ai due dispositivi, il piano e il controllo, cioè alla strategia.
Quante sono le piccole aziende ben messe al riguardo? Molto poche. Le altre navigano a vista senza idea
di cosa voler diventare (il porto di arrivo), di come fare per arrivarci (quali programmi attivare nei settori
fondamentali e quale politica perseguire ) e di quanto ciò che man mano si realizza si discosta
dall'obbiettivo stabilito. Quando si ascolta l'obiezione che la natura dei tempi impedisce qualsiasi
programmazione ciò è forse vero per la tattica (risposte immediate a opportunità imprevedibili) ma non è
vero per la strategia (che per sua natura comporta decisioni e investimenti di lungo periodo) che va
concepita come un'idea di fondo alla quale tutte le tattiche devono ispirarsi, altrimenti si va di qua e di là
senza una direzione precisa con grave danno economico. La strategia aziendale compete al capo azienda:
con l'aiuto dei suoi collaboratori, anno per anno, egli deve mettere a punto un «piano» dove devono essere
contemplati tutti gli elementi che sono strategici per il raggiungimento dell'obbiettivo di fondo con
l'individuazione delle azioni che devono essere attivate, dei responsabili di tali azioni e dei tempi di
attuazione. Qualsiasi attività di controllo, semplicemente non ha significato in assenza di un simile piano
preventivo, per quanto esso sia stato concepito in modo semplice e ridotto ai minimi termini. E un'attività
che non ha controllo (o ha un controllo solo a posteriori, quando si constata semplicemente dove la
burrasca ha portato la nave senza nocchiero, come succede per esempio quando bisogna consultare il
commercialista per sapere se si è guadagnato o perso) è un'attività prima di tutto priva di anima, che non
potrà raggiungere alcun traguardo significativo.Perciò diciamo ai capi azienda che non l'avessero ancora
fatto : pensate al piano strategico annuale, dedicategli un momento dell'anno preciso e sempre lo stesso
(verso la fine, in proiezione per l'anno dopo), usatelo per guidare e motivare i vostri collaboratori nel corso
di tutto l'anno, chiedete ai responsabili di ciascun settore aziendale di fare altrettanto nell'ambito della loro
specifica responsabilità.
√ Crisi congiunturale o strutturale? Se vi trovate in un terremoto e tentate di salvare una persona strappandola via da
una casa pericolante noterete che questa invece di scappare via subito e di pensare alla salvezza vi chiederà di poter
rientrare nella casa (che sta per crollare) per prendere un quadretto, un libro, un qualsiasi oggetto al quale è
particolarmente affezionata, quasi l'oggetto insignificante che vuol salvare fosse più importante della sua vita stessa.
Si chiama attaccamento, ed è un fenomeno umano, troppo umano. Analogamente nella crisi in atto che è strutturale e non congiunturale i Paesi occidentali sembrano impegnati più a salvare i quadretti che la propria vita e quella dei loro
cittadini. Nulla nel mondo sarà più come prima (purtroppo o per fortuna) e mettere la testa sotto la sabbia non sembra un comportamento intelligente. Comprensibile, forse perdonabile date le circostanze ma non intelligente soprattutto se tende a durare troppo. Limitatamente al mondo del lavoro che è quello che ci interessa, i manager e gli imprenditori impatteranno entro qualche anno con la parte dura della globalizzazione ( finora sono state rose ) e prima si attrezzano mentalmente meglio è. Ecco una proiezione circa i più probabili effetti sui Paesi occidentali. Il lavoro così detto precario scomparirà, nel senso che tutti i lavori diventeranno precari e nessuna garanzia sarà più possibile per nessuno. Le persone di valore verranno accaparrate da chi produce senza sprechi e nessuna di loro perderà mai il lavoro (in un certo senso la protezione di chi lavora passerà dalla rappresentanza sindacale al merito individuale) mentre gli assenteisti e i lazzaroni (che sono fonte di sprechi) non troveranno più nessuna legislazione a fare da sponda e potranno costituire un problema di ordine pubblico. Nei Paesi OCSE l'impatto della spesa sul PIL scenderà di 4-5 punti percentuali attraverso il taglio inevitabile dei lavori che non creano valore. Ciò sarà traumatico e disastroso nei Paesi (tra i quali l'Italia) dove la spesa pubblica è stata utilizzata a mo' di ammortizzatore sociale. Le turbolenze sociali in questi Paesi aumenteranno in modo drammatico e nasceranno rischi di secessione o di vera e propria guerra civile. Ci sarà una recrudescenza di svolte autoritarie a catena nei vari governi che porterà l'Occidente ad un nuovo concetto di democrazia, tendenzialmente simile al modello cinese: massima libertà economica, minore libertà politica, ridimensionamento della burocrazia, riconfigurazione restrittiva del welfare e decimazione dei così detti diritti. Tutto ciò farà arretrare l'intera società sui livelli di vita precedenti alla seconda guerra mondiale. Una certa parte della popolazione sarà costretta a ritornare all'economia della capra, dell'orto e dell'albero di fico.
I flussi immigratori verranno dapprima bloccati quasi integralmente con misure di tipo militare, per poi riprendere molto gradualmente su base altamente selettiva e organizzata man mano che aumenterà la nuova domanda da parte dei Paesi emergenti che si svilupperanno a ritmi elevati e che sperimenteranno forme primitive di quasi-democrazia. Tale domanda potrà però essere soddisfatta solo a condizioni generali che tenderanno ad equilibrarsi in tutto il mondo e l'equilibrio sarà trovato verso il basso. Generalmente parlando i manager e gli imprenditori sopravvissuti si troveranno ad agire in un ambiente abbastanza simile a quello del secondo dopoguerra dove le doti realizzative, tecniche ed umane conteranno di più delle qualità politiche e di relazione. Nascerà una nuova era di carattere più essenziale e realista, che assisterà senza rimpianti all'uscita di scena di chi, non sapendo adattarsi all'ambiente che muta, ha continuato fino all'ultimo a produrre illusioni e sofferenze che potevano essere evitate semplicemente sapendo interpretare segnali abbondantemente visibili da tempo.