DAL MONDO ECONOMICO, SCIENTIFICO, AZIENDALE E DAL NOSTRO "PENSATOIO"
Mercoledi - Gennaio 26, 2011
16:37
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DAL MONDO ECONOMICO, SCIENTIFICO, AZIENDALE E DAL NOSTRO "PENSATOIO", ABBIAMO SCELTO PER VOI :
√ In regalo per voi : Check-list per l'organizzazione di un meeting/seminario/corso di
formazione, ecc. Una buona parte del successo di un meeting dipende da come sono stati
organizzati e predisposti i tanti dettagli strutturali e da come gli addetti all'organizzazione
dell'evento sono stati edotti circa le modalità esecutive, che devono essere sotto il controllo del
conduttore. Questo strumento vi aiuterà a far andare le cose bene. Chiedere in segreteria.
√ Negoziazione, 1- L'arte del negoziare è stata molto studiata dalle scienze umane e il capello è
stato spaccato in quattro. Ne sono uscite decine di testi pseudo-scientifici che descrivono le più
stravaganti tattiche per avere la meglio in un negoziato. Da perderci la testa. Ma alla fine quello
che conta è la via maestra, avere cioè una bussola che ci aiuti a governare una trattativa di
vendita, di acquisto o di qualsivoglia accordo che è necessario trovare con la controparte.
Prendiamo i grandissimi negoziatori e osserviamoli mentre sono all'opera. C'è qualcosa che li
accomuna, nelle differenze di carattere beninteso, così che se ne possa trarre un insegnamento?
Sì. Tutti i grandi negoziatori sono uguali in questo: essi sono morbidi con le persone e duri con le
questioni (e gli interessi legati alle questioni). Il negoziatore mediocre non è capace di tenere
separate le persone dagli interessi. Se la posta in gioco è grossa, sarà portato a irrigidire il suo
comportamento fin dall'inizio della trattativa ritenendo (a torto) che mostrarsi educati, cordiali e
disponibili dal punto di vista umano possa indebolire la sua posizione, non sapendo che ciò che
avverrà sarà proprio il contrario.
√ Esercizio di management , 4 - Un recentissimo commento del prof. Deaglio, noto economista
editorialista della Stampa, definisce l'operazione Marchionne-Fiat come l'unica vera discontinuità
apparsa nella palude italiana dal dopoguerra a oggi. Che si sia d'accordo o no, l'osservazione è
comunque stimolante per chi si occupa di management. Mettiamoci subito all'opera. Pensate al
vostro teatro operativo (probabilmente meno complesso di quello di Sergio Marchionne ma
certamente non meno impegnativo) e immaginate come tale discontinuità potrebbe avere effetti
nella vostra specifica situazione. Più precisamente, attraverso quali innovazioni di atteggiamento
e di comportamento manageriale tale discontinuità potrà produrre benefici effetti anche da voi (maggiore
produttività e maggiore senso di responsabilità nei lavoratori). Quindi, passate all'azione.
√ Conduzione, 1- Si può "spingere" una corda ? No, la si può solo tirare, come sanno tutti i marinai. Lo stesso vale per le persone sul lavoro, o perlomeno per quelle persone che sono ragionevolmente libere. La maggior parte dei dirigenti si illude invece che le persone possano essere "spinte" : da qui la deleteria pressione che funziona come un circolo vizioso, più si spinge e più la situazione peggiora, la produttività diminuisce. I dirigenti che invece tirano, o meglio che «attirano», sono quelli che hanno una chiara visione (di sé stessi, dell'azienda, del loro ruolo). Conseguentemente sanno quello che stanno facendo e non commettono l'errore dei primi: invece di fare pressione, creano le condizioni perché le persone entrino in
pressione per conto loro, attirate da una missione irresistibile e da un capo capace di dare un senso a ciò che si fa.
√ Formazione, 1- Come apprendono i manager italiani? La questione meriterebbe un serio approfondimento perchè ha alcuni aspetti paradossali. Rispetto ai colleghi dei Paesi OCSE, non risulta che i manager italiani facciano meno formazione, a giudicare dalla partecipazione ai corsi. Ciò che cambia è il risultato della partecipazione. Per il manager italiano la partecipazione a un corso è più che altro una piacevole interruzione della routine, meglio ancora se il corso si svolge in una località amena e l'intrattenimento è sufficientemente dilettevole, tutto volto a carpire il gradimento del partecipante. Peraltro il manager italiano entra in un corso scettico e scettico ne esce, riguardo alle idee dibattute, considerate alla stregua di teorie arcane generalmente inapplicabili ( a tanto è riuscita una scuola di base completamente sbagliata pervicacemente intenta ad erigere nella mente degli studenti un muro di Berlino tra i concetti di teoria e di pratica; oltre confine non c'è invece manager che non abbia chiaro il concetto che non esiste pratica che non abbia a sostegno una buona teoria. Le conseguenze ? Beh, certamente chi ne soffre di più è l'attitudine sperimentale del manager, cioè la sua reale intenzione di cambiare con umiltà certi modelli di pensiero e di azione per vedere se quelli suggeriti da un corso magari funzionano meglio dei suoi. Insomma una grande superficialità che vanifica purtroppo l'investimento formativo. Spreco, o muda se preferite. Svedesi, americani, tedeschi sono molto meno superficiali e cinici: se decidono di passare del tempo ad apprendere, vogliono apprendere sul serio e sono anche molto più esigenti e critici riguardo alla competenza dei docenti, dai quali esigono il massimo visto che stanno investendo il loro tempo, mentre invece in Italia la tendenza è più che altro quella di valutare un docente sulla base della sua simpatia e della sua capacità di andare nel senso del pelo più che su quella del rigore di lavoro, che notoriamente talvolta è urticante. L'altra nota dolente riguarda l'attitudine dei manager italiani ad utilizzare le situazioni difficili e in genere "sgradevoli" che si presentano sul lavoro alla stregua di occasioni di apprendimento. L'elusione, la fuga, il salvarsi in corner pur di sfuggire ad una situazione difficile (tipo il confronto con un dipendente problematico o con un capo rognoso) o ad una responsabilità sono purtroppo la norma, con la conseguente perdita di ogni opportunità di crescita. Sono pochissimi, da noi, i manager dotati di mentalità "sportiva" capaci di lavorare alla soglia, come fanno gli atleti, capaci cioè di affrontare una situazione difficile, al limite della loro capacità, proprio perché è difficile, consapevoli che così facendo ogni volta si sposta il proprio limite un po’ più in là, si diventa più capaci perché solo agendo così le qualità psichiche fondamentali (coraggio, determinazione, calma, lucidità, saggezza, ecc.) possono essere allenate e conseguentemente migliorate. Insomma materia di abbondante riflessione quando si parla di qualità della classe dirigente in Italia e della prospettiva di una sua evoluzione o, più probabilmente, involuzione (se le cose non cambiano).
La gestione delle risorse umane è una vera e propria arte, che a volte può toccare il sublime…