DAL MONDO ECONOMICO, SCIENTIFICO, AZIENDALE E DAL NOSTRO "PENSATOIO"
Venerdi - Gennaio 6, 2012
19:41
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DAL MONDO ECONOMICO, SCIENTIFICO, AZIENDALE E DAL NOSTRO "PENSATOIO", ABBIAMO SCELTO PER VOI :
√ In regalo per voi : Significato e compito degli obbiettivi nella gestione dell’azienda. Quando si
pensa agli obbiettivi, ammesso e non concesso che ci si pensi, ciò che viene in mente sono per lo
più dei numeri, accompagnati da un vago senso d’angoscia (ce la faremo? Come faremo ?). Ciò che
proponiamo con questo piccolo contributo è invece una boccata d’aria pura : vedere degli obbiettivi
il loro lato educativo e stimolante. Un buon metodo per cominciare l’anno in modo positivo
coinvolgendo i propri collaboratori nel disegno. Chiedere in segreteria.
√ Problem solving, 1- Si parla molto di soluzione dei problemi e dell’attitudine dei manager in
questo ma ci si dimentica che non si può risolvere ciò che non è stato messo a fuoco con chiarezza.
Potremmo dire quindi, più propriamente, che l’arte non sta tanto nella soluzione quanto nella capacità di focalizzazione dei problemi. Quando i problemi non riguardano la sfera personale, ma un’intera organizzazione, è fondamentale che un manager abbia la capacità di far prendere coscienza a molte persone che esiste un problema. In assenza di questo passaggio cruciale non ci sarà alcuna motivazione a «risolvere» e nessuna energia può essere mobilitata. Penetrare con sufficiente chiarezza un problema non è per nulla facile perché richiede il possesso di qualità diverse che solo poche persone hanno in simultanea. Immaginate di sfogliare una cipolla suddivisa in tre strati come in questa immagine :
Strato esterno del problema
La maggior parte dei manager non va oltre questo livello di penetrazione. Vedono il problema solo quando altri (soprattutto il loro capo) glie lo fa vedere, non sono perciò in grado di fare alcuna profilassi (azione preventiva) onde evitare che il problema nasca o per poterlo aggredire quando è ancora piccolo e il loro approccio alla soluzione è un approccio burocratico, di tipo esecutivo, poco adatto ad indirizzare le energie dei collaboratori verso lo scopo.
Strato intermedio del problema
I manager che penetrano i problemi a questo livello (non molti) hanno le qualità intellettuali per intercettarli, per prevenirli, per porli all’attenzione dei collaboratori affinché venga trovata una soluzione. Siamo quindi distanti anni luce dalla situazione precedente e ciò per molti capi azienda è ritenuto soddisfacente, quando non addirittura il massimo che si possa pretendere. Ma non è così e adesso vedremo il perché.
Carne viva del problema
I manager che arrivano alla «carne viva» dei problemi, cioè al massimo grado di penetrazione possibile, sono pochissimi e sono gli unici in grado di far evolvere un sistema organizzativo verso adattamenti di livello superiore (come efficacia, efficienza, flessibilità, velocità, capacità di risposta, ecc.). Perché? Perché questi manager sono capaci di:
- capire la differenza tra ciò che è tollerabile e ciò che non è tollerabile per raggiungere lo scopo
che hanno in testa e orientano la loro azione in conseguenza di questa comprensione
- far capire alle persone in modo semplice, incisivo e trasparente quali sono le necessità in ordine al
principio di realtà, non temendo le reazioni negative, il probabile conflitto, l’eventuale sconcerto e
l’impopolarità (la loro messa a fuoco di un problema è chiara, sincera, esaustiva, precisa e priva di
fronzoli)
- avere fiducia nella capacità delle persone di venire a capo del problema nel tempo stabilito
- far seguire alle parole i fatti : cosa che in termini manageriali significa che le operazioni
procedano nella direzione stabilita (e non in qualsivoglia altro modo) correggendo prontamente
qualsiasi scostamento che possa invalidare la soluzione del problema e facendo così capire ai
collaboratori che un qualsiasi impegno preso non ha altre possibili alternative che il suo buon esito
pena il discredito umano e professionale di tutti i protagonisti del dramma.
√ Leadership, 2 - Secondo il grande studioso del cervello Paul MacLean le funzioni-chiave che regolano le dinamiche capo-seguace e più in generale i meccanismi del potere e delle gerarchie sociali sono annidati nel cervello «rettile» (quella parte del cervello umano che si è formata per prima dal punto di vista evoluzionistico e che si distingue dalla neo-corteccia che è invece deputata alle funzioni più “nobili” come il linguaggio e la razionalità). Se questo è vero, ed è molto probabile che lo sia, tutti coloro che in qualche modo hanno selezionato finora la classe dirigente in Italia (capi azienda, responsabili risorse umane, strutture di potere di qualsiasi genere, ecc.) dovrebbero fare un bel mea culpa di fronte all’esito vergognoso del risultato di questa selezione inversa che alle autentiche capacità di comando dei responsabili antepone non si sa bene quali qualità : in questo Paese non si trova oggi una organizzazione dove una buona parte dei capi non sia palesemente inadatta al compito. Per carità, dappertutto puoi trovare tipi intelligenti, forbiti e convincenti nel parlare e, ça va sans dire, “ politici” e maneggioni quanto basta ma mai che siano in grado di dimostrare una sola dannata volta quella rude capacità di far accadere le cose che fa tanto Cayenna ma che è la cifra fondamentale di un dirigente di nome e di fatto.
√ La citazione memorabile, 8 - «Non tutto ciò che è pertinente è rilevante, non tutto ciò che è
rilevante è prioritario».