PRENDERE DECISIONI : PURA TECNICA O QUESTIONE DI ATTITUDINE?
Lunedi - Dicembre 3, 2012
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PRENDERE DECISIONI : PURA TECNICA O QUESTIONE DI ATTITUDINE?
Nel mondo manageriale circola da sempre un grande mito, quello che si possa imparare a prendere decisioni corrette e che quindi con una buona tecnica e un po’ di applicazione il successo sia a portata di tutti. La conclusione è giusta – che il successo sia a portata di tutti, come discorso generale – quella che è sbagliata è la premessa e cioè che si possa imparare a prendere decisioni corrette così come si impara a fare un memo, un budget, o altro.
Se così fosse, avremmo trovato il modo di diventare tutti persone di successo e invece, per fortuna, non è così (sai che noia). La natura, nella sua saggezza, pone alcuni grossi limiti a questa ambizione e ciò rende la vita assai più interessante. Il primo di questi limiti, ogni volta che ci troviamo a dover prendere una qualsiasi decisione, è l’enorme squilibrio tra ciò che si sa e ciò che si ignora a proposito di una qualsiasi questione. Questa trappola è micidiale, in genere invisibile ai più e consiste in questo: ciò che io so è quantificabile, ci posso fare sopra dei calcoli e questi calcoli hanno l’inevitabile effetto di spingermi in una qualche direzione che ha, ovviamente, l'apparenza della plausibilità e della correttezza; ciò che invece non so non è quantificabile né immaginabile ma non per questo non agisce nel contesto, mio malgrado, con effetti che possono essere o a favore o a sfavore.
E questo è il secondo grosso limite, l’effetto del Caso, sempre all’opera e sempre imprevedibile. Infine il terzo limite è quello più intrigante di tutti, consistente nella fallace convinzione che quando ci troviamo a prendere una decisione a decidere siamo noi. Ma chi è in realtà questo «noi» al quale attribuiamo così facilmente tanta autonomia di giudizio da considerare una sua decisione come naturalmente oggettiva, essendo fondata su una corretta analisi dei dati?
Ma sì che lo sappiamo perfettamente, questo «io» così giudizioso ed equilibrato è in realtà tanto affidabile quanto lo sarebbe un neurochirurgo al quarto Negroni. Vi fareste operare al cervello vedendolo in tali condizioni? I Negroni che condizionano il nostro «io» si chiamano pregiudizi, traumi, intuizioni, pulsioni, tracce genetiche e altre interessanti formazioni: una combriccola di agenti che a nostra insaputa si divertono a orientare le nostre scelte, così che in definitiva pressoché ogni atto, apparentemente cosciente, della nostra vita, lungi dall’essere ciò che a noi appare, cioè una libera preferenza ben ponderata, non poteva che essere ciò che poi è stato. E cioè sostanzialmente una decisione quasi preterintenzionale!
Se ciò che dico è vero, ed è molto probabile che lo sia, allora voi capite che i metodi anche molto complessi e sofisticati per decidere correttamente – i manager tedeschi ne vanno matti – possono tutt’al più servire come esercizi di analisi strategica e stimoli per la creatività. Dopo tanti anni di frequentazioni di manager di ogni tipo mi sono convinto che il successo non arride tanto a chi cerca di prendere decisioni corrette – frutto queste più dell’intuito e del caso che del calcolo, come abbiamo visto – quanto a chi, semplicemente, non arretra di fronte all’esigenza di decidere, ha un atteggiamento risoluto (non irresponsabile, attenzione) che trasmette sicurezza a tutti i suoi collaboratori e non si stanca di avviare tentativi e iniziative senza preoccuparsi troppo se la maggior parte di esse si riveleranno non corrette. Saranno i frutti di ciò che è andato a segno a ripagare con gli interessi i costi dei fallimenti.
Ancora una volta tutto ciò non può essere frutto di una tecnica, troppo radicate essendo le fonti di una simile attitudine, ciò che chiamiamo atteggiamento risoluto, nel groviglio emozionale di una persona. Ma possibile che non esista proprio nessun sistema, dovendo decidere qualcosa di rilevante, per cercare di sbagliare il meno possibile? Certo che esiste. Parafrasando un’espressione molto di moda in questi giorni avrei un usato sicuro da consigliare, consistente in 6 mosse garantite.
Prima mossa : evitare di prendere decisioni quando si è stressati o condizionati da forti emozioni. Un esempio? La paura. Seconda mossa : individuare le correnti irrazionali che ci spingono verso una determinata parte non per neutralizzarle ma semplicemente per esserne consapevoli; utilizzate così queste correnti possono addirittura aiutare, invece di far danni. Terza mossa : capire, focalizzare bene il problema in merito al quale si è tenuti a decidere: di cosa si tratta, effettivamente? Non avete idea di quante decisioni vengono prese ogni giorno non avendo capito qual è il vero nocciolo della questione. Quarta mossa : sentire possibilmente il parere di altre persone, anche lontane dalla questione. Quinta mossa : prevedere sempre la peggiore ipotesi – il peggio che può accadere se le cose vanno male – e la relativa via di fuga. Infine, pensare alle implicazioni della decisione che si sta prendendo: è tipico delle persone superficiali il trascurare o sottovalutare le implicazioni delle decisioni che prendono, con la conseguenza di esserne poi travolti o molestati. E se ne stupiscono.
Pepe Caglini