LO STRANO INTRECCIO TRA MERITOCRAZIA E PSICOLOGIA
Mercoledi - Gennaio 2, 2013 12:33     Visto:408     A+ | a-

LO STRANO INTRECCIO TRA MERITOCRAZIA E PSICOLOGIA
 
Se potessimo chiedere ad ogni italiano cosa ne pensa della meritocrazia otterremmo probabilmente un plebiscito a favore del merito. Se invece guardiamo la realtà dei fatti scopriamo che il nostro è uno dei paesi meno meritocratici del mondo. Poiché non mancano gli studi approfonditi sul fenomeno, sulle sue cause e sulle sue conseguenze – ne cito una su tutte, la scarsa mobilità sociale che è la peggior condanna per un giovane – vorrei porre stavolta il riflettore su aspetti meno indagati: che cos’è, in realtà, la meritocrazia? Perché è illusorio pensare che essa possa essere adottata così come si adotta una procedura organizzativa o un qualsiasi sistema di regole? E infine, cosa potremmo fare in concreto per rendere più meritocratico un qualsiasi ambiente, sia esso lavorativo o politico?
 
Sapete benissimo che non ho le chiavi per tutte queste serrature ma siccome stamattina mi sono svegliato male, ho deciso di complicare un po’ la vita a me stesso e a voi ed eccomi qua a parlare della chimera delle chimere. Che cos’è la meritocrazia? Se pensiamo che in fondo essa si riduca ad una tecnica, tutto sembra semplice per risolvere il problema: si tratterebbe solo di insegnarla magari a partire dalle scuole e siamo a posto. Disgraziatamente per noi la meritocrazia è invece un atteggiamento, qualcosa che è molto difficile da insegnare: ognuno di noi, riguardo ad essa ha infatti delle sue convinzioni, prova inoltre qualcosa emotivamente – la sua applicazione o meno ad un caso concreto gli smuove il sangue oppure lo lascia completamente indifferente – e, finalmente, quando proprio a lui capiterà l’occasione di applicarla o meno, si comporterà in conseguenza (potrei aggiungere che non potrà farne a meno).
 
Ora immaginate, per pura pazienza, che questo discorsetto abbia un fondo di verità. Ciò comporterebbe che ad esistere non sarebbe quindi la meritocrazia, una pura astrazione ideologica (come, chessò, la democrazia) ma piuttosto un certo numero di individui psicologicamente meritocratici: persone che, in circostanze concrete, ci si può aspettare che si comportino in modo meritocratico semplicemente perché non possono farne a meno.
 
Seconda questione – assai problematica checché ne pensino gli entusiasti – adottare la meritocrazia in un qualsiasi contesto. Dov’è l’illusione ? In Italia per motivi storici e culturali – c’entrano sicuramente la controriforma (pesantemente) e tutta la storia di come il potere è stato da noi gestito dalle élite – gli individui meritocratici sono molto  pochi, si tratta più che altro di vere singolarità. Ora, chiedere ad un individuo non psicologicamente meritocratico (cioè la maggioranza) di adottare la meritocrazia sarebbe come chiedere a Peppone di diventare un chierico di don Camillo: praticamente impossibile. Per questo credo che tutte le esortazioni che da fonti autorevoli cercano di pungolare la così detta modernizzazione siano destinate a rimanere, appunto, esortazioni.

E veniamo alla terza questione. Come rendere più meritocratico, nonostante le difficoltà indicate, un qualsiasi ambiente nostrano? Perfettamente inutile fare proclami, dichiarazioni di intenti, carte dei valori: lasciano il tempo che trovano, come sappiamo benissimo. Dovremmo invece – mi sto rivolgendo a chi può avere influenza nel processo, per esempio imprenditori e alti dirigenti pubblici convertiti – partire dai pochi individui meritocratici che già esistono in qualsiasi organizzazione: come adepti di una conventicola animati da una nobile missione comune, costoro dovrebbero ricevere il mandato esplicito di selezionare per il futuro, nel loro ambito e per qualsiasi posizione di responsabilità, altri individui meritocratici.
 
Tale caratteristica ( che è poi, come abbiamo visto, un atteggiamento mentale) dovrebbe essere considerata tra i requisiti fondamentali per ricoprire il  ruolo, al pari per esempio della competenza tecnica,  anzi dovrebbe addirittura “pesare” di più. Insomma per superare l’illusione italiana, questa imbarazzante differenza tra le chiacchiere e la realtà sulla questione del merito, vedo un solo antidoto: inoculare nel sistema non grandi discorsi sui valori ma persone che questi valori li testimoniano con il loro comportamento perché è nella loro natura farlo e non potrebbero comportarsi diversamente (per inciso : tali persone dal sistema attuale sono viste come il fumo negli occhi).
 
Per finire: cosa contraddistingue un individuo psicologicamente meritocratico ? Può sembrare semplificatorio o edificante o entrambe le cose assieme ma chiarisce le idee : è sempre pronto a mettersi in discussione, vive bene nella concorrenza, solleva delicatamente dagli incarichi gli incapaci, se ne ha il potere, mettendo al loro posto persone di valore, non ha paura di circondarsi di persone migliori di lui  e quando sente puzza di ingiustizia diventa cattivo.
Pepe Caglini
 
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