QUALITA’ UMANE E LAVORO : IL CORAGGIO
Giovedi - Maggio 2, 2013
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QUALITA’ UMANE E LAVORO : IL CORAGGIO
Esistono qualità dell’uomo da considerare di fondamentale importanza perché possa avvenire la migliore integrazione possibile tra persona e organizzazione così che l’una possa sviluppare le sue potenzialità traendone le soddisfazioni che merita e l’altra possa dirigersi verso obbiettivi ambiziosi sapendo di poter contare sulle risorse adatte?
Secondo me sì. Si tratta di cinque “qualità base” di cui la scuola si occupa poco o punto, che vengono prima di qualsiasi competenza tecnica e che incidono profondamente sui risultati, a prescindere dal ruolo – dirigenziale od esecutivo – giocato. Queste qualità sono: il coraggio, la collaborazione, la determinazione, l’iniziativa e la visione. La mia ipotesi, suffragata dall’esperienza, è che un alto punteggio in tutte e cinque queste qualità sia altamente predittivo di risultati lavorativi più che soddisfacenti – per la persona che lavora – e di un ottimo investimento per l’organizzazione che l’impiega.
Obiezione: ma in questo periodo di crisi le organizzazioni non possono più permettersi di essere attente alla qualità delle persone. Risposta: al contrario, chi possiede queste qualità è spesso cercato con il lumicino, con risultati deludenti, dalle aziende che avendo una visione di lungo periodo ( ce ne sono, ce ne sono) guardano oltre la crisi. Tipico il caso della ricerca, faticosa e spesso senza esito, di persone veramente in grado di condurre un team verso i suoi obbiettivi. Mi propongo pertanto con questi scritti, Tiscali consentendo, di facilitare l’incontro perché ho la netta sensazione che alla maggior parte dei giovani nessuno abbia mai spiegato con onestà intellettuale come ci si conquista, in un posto di lavoro, il rispetto, la considerazione e la fiducia da parte di chi ci offre quel lavoro e che senza questo rispetto, questa considerazione e questa fiducia magari non si viene licenziati ma non si va da nessuna parte. Comincerò oggi trattando del coraggio. Sono graditi, come sempre, commenti, obiezioni, suggerimenti.
Di cosa si tratta. Definirei il coraggio come quella qualità che ti consente di fare una cosa che il tuo corpo, guidato dall’istinto di sopravvivenza, si rifiuterebbe, giustamente, di fare. In questo senso si tratta della qualità umana per eccellenza, quella che permette di trascendere un supposto limite e, facendolo, di conoscere, sperimentare, innovare, rovesciare le situazioni.
Come si comporta in azienda una persona coraggiosa. Si adegua alle regole e al compito come tutti ma, e qui sta la differenza, mantenendo vigili sia l’osservazione che lo spirito critico. Quando nota qualcosa di “storto” – palesemente lesivo dell’etica , dell’equità, dell’immagine o dell’interesse aziendale – non gira la testa dall’altra parte ma agisce e trova il modo più opportuno per ripristinare la situazione. Il suo rapporto con la gerarchia è collaborativo e leale: ciò non gli impedisce comunque di manifestare il proprio dissenso in modo costruttivo circa una qualsiasi strategia laddove questa non lo convincesse. Ad una esecuzione passiva e furbetta preferisce un confronto schietto e rischioso. In caso di errori se ne assume la responsabilità e non scarica le colpe su collaboratori, dipendenti o altri colleghi. Nelle riunioni non fa il pesce in barile adeguandosi all’opinione dominante ma è capace di sostenere un punto di vista minoritario, una causa apparentemente persa o un’idea politicamente scorretta ma tecnicamente giusta. Nei momenti critici non tradisce la fiducia di chi ha creduto alla sua parola e mantiene gli impegni presi non temendo di esporsi personalmente. In genere, dice quello che pensa e fa quello che dice.
Perché nelle aziende servono oggi persone coraggiose. Vivere in una organizzazione espone continuamente a situazioni che mettono alla prova il coraggio personale. Non sempre ciò che succede corrisponde a ciò che ci si aspetta. Piccole o grandi irregolarità, comportamenti non adeguati di dipendenti, colleghi o superiori, modi di pensare o atteggiamenti disfunzionali, più o meno subdole manipolazioni e tentativi di influenza sono altrettante sfide all’integrità personale: devo adeguarmi e fare come le tre scimmiette – e così magari sopravvivo – oppure devo tenere alta la bandiera dello spirito critico combattendo una guerra che non prevede decorati al valore ma semmai la perdita di qualche zona di comfort?
Comunque la pensiate, da una questione non è possibile prescindere: qualsiasi comunità umana dove dominino pensiero unico e cieca obbedienza tende all’autocompiacimento e alla progressiva atrofia del sistema immunitario e questo porta, prima o poi, alla sconfitta. Nelle migliori aziende, quelle con una visione a lungo termine, si apprezzano e si valorizzano le persone coraggiose semplicemente perché qualcuno che conta ha compreso che non dal conformismo e dall’obbedienza possono nascere innovazione e competitività ma solo dall’aspro confronto delle idee e dalla messa in discussione senza pietà, ogni santo giorno, dello status quo e di qualsiasi posizione di rendita.
Pepe Caglini