INTRAPRENDERE IN ITALIA: UN MESTIERE SEMPRE PIU’ DIFFICILE
Martedi - Aprile 10, 2012
11:16
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INTRAPRENDERE IN ITALIA: UN MESTIERE SEMPRE PIU’ DIFFICILE
Spiace dirlo ma il governo Monti si sta rivelando per le imprese (non tutte) una jattura che doveva e poteva essere risparmiata al Paese in un momento così critico a seguito della crisi. Sì, al Paese, perché il sistema delle imprese (non tutte, soprattutto le piccole e quelle familiari) è stata la forza guida che ha permesso agli italiani di passare dalla povertà al benessere nell’arco di qualche decennio e ora questo sistema rischia di essere scardinato da un combinato di azioni e di omissioni che lascia increduli per la debolezza di visione e per il cinismo dei comportamenti.
Spiace anche perché dal professor Monti ci si aspettava una azione riformatrice ispirata da una conoscenza profonda, quale lui sembrava avesse, di questo sistema e da una concezione liberale della società, quale sembrava trasparire da tutti i suoi interventi precedenti l’incarico. Quasi nulla di questo pensiero è rimasto nell’azione di governo, che oramai arranca impastoiato nella palude del compromesso di basso profilo (storia già vista) e nell’accontentarsi di soluzioni che non sono soluzioni. Peccato che proprio un tecnico di tale levatura dovesse cadere in questa trappola.
Ciò che si aspettano le imprese, professor Monti, non sono assistenze, provvidenze, regalie e contentini. Gli imprenditori (non tutti, certo non tutti) sono oggi disposti ad accettare che chi non è capace di stare sul mercato chiuda e buonanotte al secchio. Ciò che semplicemente non viene più tollerato dai migliori di loro è l’incapacità di rimuovere la zavorra di sistema, quell’insieme letale tutto italiano di modi di pensare, atteggiamenti e procedure obsolete che considera l’azienda non la gallina dalle uova d’oro, bene supremo da salvaguardare quale fattore di sopravvivenza e speranza per il futuro dei lavoratori e delle loro famiglie ma, al contrario, la tratta alla stregua di un corpo estraneo, da guardare a vista perché potenzialmente fuori legge, buono tutt’al più per essere tosato ben benino. Insomma, un nemico della società. A questo dunque dovevamo arrivare, dopo le lezioni magistrali di Luigi Einaudi.
La zavorra di sistema, triste segno distintivo che sta facendo precipitare l’Italia verso gli ultimi posti del mondo sviluppato quanto a capacità di attrarre gli investimenti, può essere smantellata solo se si riesce a venire a capo di alcune annose questioni che sono oramai emblematiche della storica arretratezza italiana. Provo a descriverle per sommi capi, sperando fino all’ultimo in una improbabile resipiscenza di chi ci governa.
Cominciamo dalla questione più importante, la certezza delle regole. Le imprese sono luoghi dove si concepiscono strategie basate sulla ragionevole convinzione che le regole del gioco non vengano ribaltate ad ogni giro di poltrona ministeriale. Come è possibile fare azienda se con la burocrazia non si arriva mai ad un punto fermo ed ogni giorno porta la sua sorpresa legislativa, magari ad effetto retroattivo ? Vogliamo capire che è arrivato il momento di resettare tutti gli ordinamenti, come dopo una guerra mondiale, ricostruendoli da zero su basi certe e lungimiranti ? E’ così difficile? Non abbiamo forse insediato nei posti che contano dei tecnici non eletti proprio per questo scopo?
Segue subito dopo l’atteggiamento della pubblica amministrazione. E’ così drammatico prendere la storica decisione (che, da sola, cambierebbe il Paese) di ridefinire il ruolo della P.A. tramutandola da ottuso controllore delle imprese a consulente facilitatore delle stesse ? Ottenere un giorno che il funzionario statale si senta tenuto invece che ad assillare con norme spesso assurde e vessatorie chi si sforza talvolta con enorme sacrificio di produrre valore, a fare il suo contrario cioè aiutare, consigliare, assistere?
E veniamo alla semplificazione normativa, di cui tanto si parla senza costrutto alcuno da diversi anni. In questo ambito il governo Monti non solo non ha fatto alcunché ma sta addirittura, se possibile, peggiorando la situazione con nuove complicazioni amministrative e l’incubo dei potenziali contenziosi generati da una riforma del mercato del lavoro che lascia troppi punti irrisolti. Altra occasione mancata. I nostri tecnici dunque, non solo si mostrano incapaci di semplificare ma diventano essi stessi fonte di ulteriori problemi che renderanno ancora più ardua la vita delle nostre aziende. Per esempio: è così difficile in un regime tecnico e quindi potenzialmente decisionista, imporre una piccola ma rivoluzionaria regoletta organizzativa che recitasse ogni legge, regolamento, normativa, e similari ha una scadenza temporale e può rimanere in vita oltre la scadenza solo se esplicitamente confermata? Questo piccolo dirompente cavallo di Troia immesso nel ventre della burocrazia potrebbe, da solo, fare più pulizia di tanti ridicoli e superflui Ministri della Semplificazione con auto blu al seguito, ma i professori, evidentemente, non ci stanno pensando.
E veniamo all’ultima questione, la giusta tassazione. E’ qui che la natura assai poco liberale del governo Monti mostra in modo più evidente il suo vero volto ed i suoi limiti. Non è vero che i professori stanno alzando le tasse perché costretti dalle circostanze: essi lo stanno facendo perché nel fondo della loro coscienza non trovano nulla di sostanzialmente sopraffattorio e prevaricatore nel prelevare, per far funzionare uno Stato ipertrofico, più del 30% di un reddito sia esso prodotto da un privato o da un’impresa. La prova di tutto ciò sta nel fatto che nulla abbiamo visto sul fronte della riduzione della spesa pubblica (che continua ad aumentare) mentre tutti sappiamo cosa accadrà per aziende, lavoratori e pensionati a fine anno: un ulteriore salasso su un corpo stremato, le cui conseguenze potrebbero essere drammatiche per molta gente.
No, cari professor Monti e dottor Passera , in questo modo in Italia non ci sarà nessuna crescita e conseguentemente nessuno sviluppo economico, tutt’al più un ulteriore indebito arricchimento dei settori monopolisti, da voi ancora non toccati (o almeno non ce ne siamo accorti), a scapito dei veri imprenditori e di tutti i loro dipendenti.
Pepe Caglini