CHI HA PAURA DELL’INTELLIGENZA NEI LUOGHI DI LAVORO?
Lunedi - Giugno 18, 2012 11:47     Visto:385     A+ | a-

CHI HA PAURA DELL’INTELLIGENZA NEI LUOGHI DI LAVORO?
 
C’è chi pensa che organizzare sia un compito precipuo dei manager e sia anche qualcosa di molto 
complesso, che richiede chissà quali competenze. E’ ragionando così che molti dirigenti inesperti
si rendono la vita difficile, la rendono difficile agli altri e creano ambienti di lavoro demotivanti e
asfittici.
 
Voglio raccontare cosa successe a me, giovane manager in una grande e famosa azienda, una quarantina d’anni fa. Dunque mi manda, la mia azienda, in missione a Cagliari, con il compito di “riorganizzare” la logistica di alcuni nostri depositi di merci. Ricordo ancora, e al ricordo provo di nuovo un po’ di nausea, l’umiliazione e lo sconcerto del momento. Questo trovarmi di fronte ai responsabili locali esperti nel loro mestiere e tuttavia pazienti nell’ascoltare le mie teorie del tutto avulse dalla realtà, questo dover far vedere che ero all’altezza della situazione trovando necessariamente le soluzioni a problemi che non conoscevo, per sostenere una parte che era nelle regole implicite del gioco: io ero la Direzione ed era ovvio che a me spettasse dare disposizioni.
 
Non ce l’ho fatta. Non sono arrivato al punto di  ammettere sinceramente la mia incompetenza, ero troppo giovane per trovare il coraggio di farlo ma la parte del cretino, questo sì, mi sono rifiutato di recitarla. Ecco, la parte del cretino. E’ quella che vediamo recitare tutti i giorni in tanti posti di lavoro da capi pretenziosetti che vogliono entrare in ogni più minuto dettaglio di ciò che si trovano a governare come se le persone che ci lavorano non avessero un’esperienza diretta delle cose da fare e un’idea da prendere in considerazione, da parte del capo, su come ci si deve organizzare perché il lavoro fluisca al meglio.
 
E’ il caso della banca che fa progettare il lay-out degli ambienti ad un architetto di grido il quale ignora questioni ovvie per tutti ma non per lui con il risultato che a lavoro finito e dopo aver speso un mucchio di soldi ci si accorgerà che le cose non funzionano oppure del capo stabilimento che fa spostare macchine e attrezzature a suo criterio senza interpellare gli operai che ci lavorano o ancora del manager che impone una nuova procedura tanto logica sullo schermo del computer quanto inapplicabile nella realtà degli umani.
 
Perché? Per il semplice motivo che in tutti questi casi ciò che viene trascurato dagli “organizzatori” (e tutti i capi si ritengono, sbagliando, tali) sono alcune implicazioni dell’attività che chiamiamo organizzare. La prima è di natura psicologica: come lavoratori non ci dà fastidio ricevere obbiettivi da raggiungere, quello che ci toglie la motivazione è che ci venga tolta ogni libertà di organizzarci come  a noi sembra più opportuno per poterli raggiungere.
 
La seconda implicazione è invece di natura tecnica : solo gli addetti a determinate funzioni ne conoscono intimamente problematiche, necessità, pregi e difetti. Colui che volendo “organizzare” (perché è un dirigente e dovrà pur dimostrare di esserlo) trascurasse questo dettaglio e passasse superficialmente sopra l’esperienza e l’intelligenza delle persone e il potenziale contributo che da loro potrebbe essere fornito  per soluzioni corrette e ragionevoli, dimostrerebbe per ciò stesso di non aver capito granché della funzione direttiva (che è quella di chiarire ciò che deve essere ottenuto più che quella di fissarsi su ciò che deve essere fatto, sottraendo così intelligenza alle persone).
 
La terza implicazione è infine di natura economica e attiene alla generazione degli sprechi. Un dirigente che dedica tempo ad “organizzare” ciò che dovrebbe più propriamente essere lasciato all’auto-organizzazione dei suoi collaboratori non solo provoca i danni derivanti dalle  prime due implicazioni (e non è poco…) ma ne aggiunge uno del tutto speciale costituito dal sottrarre tempo
prezioso alle questioni più strategiche, quelle più importanti per il sistema di cui fa parte e che giustificano il suo stipendio.
 
Insomma aver paura dell’intelligenza nei luoghi di lavoro è quanto di più irrazionale  e di più lontano da ciò di cui avremmo effettivamente  bisogno in questi momenti in cui si è alla disperata ricerca di soluzioni per crescere. Rimane da chiarire perché molti capi capi hanno paura dell’intelligenza dei loro collaboratori. Lo faremo un’altra volta, magari con il vostro aiuto.
 
                                                                                     Pepe Caglini
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